Dopamina e marketing: la promessa di ricompensa è felicità vera?

La dopamina è un neurotrasmettitore che regola il piacere nel cervello. Viene rilasciata durante situazioni soddisfacenti e, oltre a darci una grande sensazione di benessere, ci spinge a ricercare di continuo la fonte del nostro piacere.

Questo vuol dire che cibo, sesso, alcol e droghe sono dei veri e propri “promotori” di dopamina.

La dopamina è un metodo naturale di ricompensa del nostro organismo. Condiziona i nostri pensieri e il nostro modo di agire molto più di quanto possiamo immaginare.

Chi lavora nel marketing conosce bene come impiegare l’effetto della dopamina per catturare l’attenzione e indirizzare il nostro naturale sistema di ricompensa verso l’acquisto.

Cadiamo tutti costantemente “vittime” di questo “inganno”, perché è una reazione biologica su cui non abbiamo quasi nessun controllo.

Ti è mai capitato di sentire un senso di vuoto subito dopo aver fatto un acquisto che desideravi da tanto? Oppure esserti pentito di aver ceduto alla gola e aver mangiato tanto da sentirti pienissimo? O ancora di pensare, anche solo per un istante “come mi sentirei realizzato se avessi quell’auto, o quella casa, o quello smartphone”?

È assolutamente normale. Nella società attuale siamo costantemente assediati dai media che lavorano sul nostro inconscio. Questi, in maniera subliminale, ci spingono ad inseguire soldi e beni materiali.

Denaro e beni naturalmente non sono il fondamento della nostra felicità. Ne rappresentano soltanto una squallida imitazione, ne sono solo una banale caricatura.

Come il marketing introduce questi falsi miti nel nostro cervello grazie alla dopamina

Grazie al veloce sviluppo delle tecnologie e dei social media, sfruttare l’effetto dopamina nel marketing è davvero semplice.

I nostri device e i nostri account social sono “fornitori ufficiali” di quello per cui siamo per natura programmati a sentire bisogno.

La necessità di interagire socialmente è profondamente salda in noi e il nostro cervello rilascia dopamina ogni volta che accade.

Un assaggio di prelibatezze all’ingresso di un supermercato, ad esempio, stimola i nostri neuroni dopaminergici, focalizza la nostra attenzione e ci rende più cedevoli alle tentazioni e alle tendenze compulsive.

Cosa importante da evidenziare, è che i neuroni dopaminergici sviluppano una specie di assuefazione mano a mano che le ricompense diventano sempre più frequenti e familiari. È per questo che molte aziende propongono prodotti a edizione limitata, per eccitare maledettamente i nostri neuroni!

Naturalmente esistono anche esempi meno “manipolatori” di questa sorta di assuefazione.  La musica, ad esempio, è un formidabile attivatore di dopamina. Ti è mai successo di ascoltare tante e tante volte una canzone che ti piace tantissimo?

Ogni volta che la ascolti provi un grandissimo piacere, fino ad arrivare al punto che un giorno magari quella canzone ti ha stufato e la sostituisci con una nuova che ti dà le stesse sensazioni iniziali della precedente. Anche in questo caso ciò avviene per il meccanismo di diminuzione di sensibilità.

Qualche quotidiano esempio di persuasione che sfrutta la dopamina

La grande maggioranza dei prodotti alimentari della grande distribuzione sono abilmente studiati a tavolino per avere il corretto equilibrio tra zuccheri, grassi e sali, così da attivare la nostra naturale “dipendenza” allo stare bene.

I diversi tipi di lotterie, utilizzano la dopamina facendoti immaginare quali cose potresti comprare o realizzare con tutti quei milioni: sfruttano la nostra immaginazione per farci costruire nella mente il disegno di un benessere che non è ancora reale e che difficilmente lo sarà.

Nei supermercati, i prodotti che si vogliono spingere maggiormente all’acquisto sono tutti all’ingresso e all’altezza degli occhi, per innalzare i nostri livelli di dopamina non appena varchiamo la soglia.

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Cosa fa di preciso la dopamina

Come abbiamo capito, la dopamina ci spinge a cercare una ricompensa. La realtà però è che non ci ricompensa affatto, anzi spesso provoca ansia e frustrazione.

È un meccanismo che attiva stati d’animo ben conosciuti da chi si occupa di marketing e comunicazione: hai mai sentito parlare di “offerte fino ad esaurimento scorte” o dedicate in giorni particolari?

L’esempio più immediato è sicuramente il Black Friday d’oltreoceano. In questo giorno migliaia di persone si accalcano all’entrata dei negozi in uno stato di eccitazione e nervosismo altissimi, sicuri del fatto che se malauguratamente non riuscissero ad acquistare l’oggetto desiderato, il senso di insoddisfazione sarà enorme.

Anche Apple e Nike hanno tanto da insegnarci su questo: un richiamo fortissimo al nostro primordiale istinto di caccia unito all’effetto dopaminergico dell’immaginazione del “dopo”.

Il risultato di numerosi studi scientifici sulla chimica del cervello umano ci porta quindi ad affermare che la dopamina è tra le maggiori responsabili del malessere dei Paesi capitalisti.

Nel momento stesso in cui riuscirai a renderti conto del rapporto causa-effetto tra la dopamina e la falsa promessa di ricompensa indotta da molte campagne marketing, riuscirai anche a renderti conto di quanto sia poco sano e poco utile inseguire il piacere, la felicità e la soddisfazione attraverso la continua ricerca di ricompense “materiali”.

Il percorso neurologico della ricompensa

Cosa succede quindi quando riceviamo una ricompensa, grande o piccola che sia, come ad esempio un like ad un post pubblicato sui social?

Nel nostro cervello esiste un gruppo neuronale che forma l’area tegmentale ventrale.  Quest’ultima inizia a rilasciare dopamina che viene trasferita ad altre zone del cervello.

Più precisamente, la dopamina si dirige verso l’ippocampo, sede della memoria esplicita e deputata a trasformare la memoria a breve in memoria a lungo termine, e verso l’amigdala, sede di nuclei nervosi che gestiscono le emozioni.

La dopamina inoltre, si dirige anche verso il nucleus accumbens, responsabile del meccanismo di ricompensa.

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Cosa ci racconta questo viaggio della dopamina? Innanzitutto che per “catalogare” i dettagli relativi ai diversi piaceri, il cervello crea connessioni tra emozioni e memoria, così da permetterci di rivivere quelle stesse sensazioni.

Tutto viene collegato al nucleus accumbens, sede dei piaceri creati da droghe, attività fisica, sesso e cibo.

L’aspetto più particolare però è che la gran parte della dopamina in viaggio nel nostro cervello viene trasferita non dopo aver ricevuto la ricompensa, ma mentre attendiamo con ansia.

Quindi in realtà l’azione massima del nucleo impiegato nel meccanismo di ricompensa avviene non quando vediamo il like sul nostro post, ma mentre lo stiamo per pubblicare, quando sentiamo molto vicina la ricompensa che però ancora non c’è.

Il neuromarketing e lo studio delle risposte emozionali

Il neuromarketing rende sempre più chiari i processi da attivare per gestire le risposte emotive dei consumatori.

Anche in questo caso, tutto ruota intorno alla promessa di ricompensa provocata dal rilascio di dopamina nel cervello.

La realtà è che possono essere innescati meccanismi così persuasivi da provocare reazioni chimiche che ci inducono a desiderare cose che possono non piacerci o essere inutili: siamo ingannati dalla nostra stessa natura di umani.

Al nostro cervello infatti, importa poco della nostra felicità. La sua priorità è preservare gli istinti primari di sopravvivenza, come la continuazione della specie o assumere molto cibo per eventuali futuri momenti di scarsità.

È colpa del consumismo dilagante se oggi confondiamo facilmente la promessa di ricompensa con la felicità: il richiamo della promessa di ricompensa è talmente forte che continuiamo a rincorrere cose e situazioni che non ci rendono felici e che ci causano più tormento che soddisfazione.

Abbiamo la tendenza a credere che riuscire ad ottenere qualcosa che vogliamo sia garanzia di felicità.

Questo stesso processo che ci ha permesso di evolverci, sta allo stesso tempo danneggiando in maniera subdola la nostra stessa esistenza. La ricerca costante di felicità ci si ritorce contro.

Tutte le tentazioni e le sollecitazioni “moderne” a cui siamo quotidianamente sottoposti, sono abilmente ideate allo scopo di dirottare il circuito di ricompensa del nostro cervello, sommergendoci i neuroni di dopamina e infondendoci una sensazione di euforia.

Il problema è che questa euforia dura molto poco perché per ogni messaggero chimico innescato vi è un ricettore che aspetta di ricevere il messaggio per agire.

Questi ricettori però, come già detto, sviluppano una sorta di assuefazione agli stimoli conosciuti. 

Quindi, per riprovare la stessa sensazione piacevole di ricompensa e l’euforia delle prime volte, abbiamo bisogno di livelli sempre più alti di dopamina.

Combattere “il sistema” e perseguire la felicità

In quanto uomini siamo “programmati” per provare piacere e soddisfazioni, propedeutici alla felicità, ma soltanto se siamo in grado di adottare uno stile di vita meno superficiale e impariamo a consumare con la dovuta moderazione.

È proprio il nostro stile di vita che può aiutarci a controllare l’equilibrio di piacere del cervello. Questo vuol dire che si può certamente essere felici con meno cose e meno persone intorno, a cui diamo però un significato più profondo.

Come fare? Anche in questo caso l’evoluzione è venuta in nostro soccorso.

Esiste una zona nella parte anteriore del cervello, la corteccia prefrontale, che si è sviluppata proprio con lo scopo di aiutarci a combattere le sfide della vita moderna.

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La corteccia prefrontale infatti, ci permette di esercitare la forza di volontà quando ci troviamo di fronte a situazioni importanti o decisioni da prendere che ci evitano problemi o ci aiutano a restare sulla strada giusta per realizzare i nostri progetti a lungo termine.

Questa parte del nostro cervello farà tutto il possibile per contrastare i nostri impulsi negativi e sarà un valido supporto per controllare le emozioni poco sane.

Provare desideri ci stimola e rende le nostre vite degne di essere vissute appieno. La cosa importante è interpretare nella maniera corretta la loro connessione con la felicità.

Il paradosso è che la promessa di ricompensa non garantisce la felicità, ma l’inibizione del desiderio di ricompensa ci fa perdere la motivazione.

Per imparare a sviluppare l’autocontrollo bisogna imparare a dividere le ricompense che danno davvero senso alla vita, da quelle che semplicemente portano a distrarci o assuefarci.

Conoscere cosa accade nel nostro cervello può aiutarci ad avere, nei momenti di tentazione, quel pizzico di lucidità necessaria per non credere alle bugie che la nostra stessa mente ci racconta.

I nostri 5 suggerimenti

La maniera migliore per iniziare a raggiungere l’equilibrio è quello di riuscire a bilanciare la quantità di dopamina e dei suoi recettori, cosa ottenibile attraverso uno stile di vita sano.

Ecco i suggerimenti di Togethere:

  1.   Mangia cibo sano

Preferire cibi sani e naturali disintossicandoti del tutto, o limitando a sporadiche occasioni, dal cibo spazzatura e dai piatti pronti, ti nutrirà dandoti allo stesso tempo un grande senso di piacere e sazietà.

  1. Fai attività fisica

Anche una semplice passeggiata in mezzo alla natura libera la dopamina, migliora l’umore, aumenta la forza di volontà e stimola il sistema immunitario.

  1. Dormi un adeguato numero di ore

Poche ore di sonno ci rendono meno concentrati e razionali e più vulnerabili ai processi inconsci delle false ricompense.

  1. Dai valore a ciò che davvero conta

Segui i tuoi interessi, le relazioni con le persone che ti sono care e la tua spiritualità. Questo ti aiuterà a ristabilire la giusta armonia tra mente e corpo.

  1. Prima di agire pensa

Quando sei tentato da un meccanismo di marketing, fermati un attimo a ragionare su quello che hai letto in questo articolo e domandati se il desiderio che hai è reale.

Dopamina e marketing la promessa di ricompensa è felicità vera equilibrio

Un eterno divenire, una corsa senza fine, ecco la caratteristica con cui si manifesta l’essenza della volontà. Di tal natura sono infine gli sforzi e i desideri umani, che ci fanno brillare innanzi la loro realizzazione come fosse il fine ultimo della volontà; ma non appena soddisfatti, cambiano fisionomia; dimenticati, o relegati tra le anticaglie, vengono sempre, lo si confessi o no, messi da parte come illusioni svanite.

[Arthur Schopenhauer]

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